Settembre Bianconero 1974

LE FOIBE

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BeNaMeA
view post Posted on 30/10/2004, 16:13




Radiografia delle Foibe

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"Ricordo l'Italia di Fiume
i reduci offesi da fame e terrore
e il sogno rinascere a ottobre
e gli antichi valori rinascere in me"
(RICORDI - G. Marconi)


Nel carcere di Fiume il 9 ottobre 1945 Stefano Petris scrisse il suo testamento sui fogli bianchi della "Imitazione di Cristo":

"Non piangere per me. Non mi sono mai sentito così forte come in questa notte di attesa, che è l'ultima della mia vita. Tu sai che io muoio per l'Italia. Siamo migliaia di italiani, gettati nelle Foibe, trucidati e massacrati, deportati in Croazia falciati giornalmente dall'odio, dalla fame, dalle malattie, sgozzati iniquamente. Aprano gli occhi gli italiani e puntino i loro sguardi verso questa martoriata terra istriana che è e sarà italiana. Se il Tricolore d'Italia tornerà, come spero, a sventolare anche sulla mia Cherso, bacialo per me, assieme ai miei figli. Domani mi uccideranno. Non uccideranno il mio spirito, né la mia fede. Andrò alla morte serenamente e come il mio ultimo pensiero sarà rivolto a Dio che mi accoglierà e a voi, che lascio, così il mio grido, fortissimo, più forte delle raffiche dei mitra, sarà: viva l' Italia! ".

( tratto da "Il rumore del silenzio" - Dicembre 97 Comitato tutta un'altra storia e Movimento per l'identità nazionale )

Da queste parole del deportato Petris si può capire quale immane eccidio sia stato perpetrato ai danni degli italiani dai partigiani comunisti del maresciallo Tito.

FOIBE. Probabilmente a molti questa parola non dice niente, così come Basovizza e Opicina sono luoghi sconosciuti ai più, ma quella parola, quei luoghi rappresentano una delle pagine più tristi e drammatiche della storia d'Italia.
Le foibe non sono solo delle profondissime voragini che si aprono sui monti del Carso, ma anche delle inguaribili ferite nella memoria e nella coscienza di molti italiani. In quei luoghi tra il 1943 ed il 1945 furono gettati migliaia di corpi: di uomini e donne, di civili e non, martoriati e seviziati dai partigiani comunisti agli ordini del maresciallo Tito.
Nei libri di storia a scuola non troverete quest'argomento, poiché rappresenta un aspetto scandaloso e sconcertante della "intoccabile Resistenza". La ragione risiede, ovviamente, nei cinquant'anni del dopoguerra, quando la cultura è stata solo quella dell'antifascismo facilmente traducibile in propaganda di sinistra.
In Italia per cinquant'anni si è volutamente e vergognosamente taciuto su questi fatti. Si è taciuto sulle liste di proscrizione che i titini portarono con loro quando, nel 1943 e nel 1945, invasero Trieste e la Venezia Giulia; si è taciuto sulle migliaia di persone che scomparirono da quei luoghi deportati nei campi di concentramento di Borovnica, Maribor, Aidussina ed altre località della allora Jugoslavia. Da quei lager molti non tornarono mai indietro. Neppure le spoglie fecero ritorno, gettate nelle foibe dopo terrificanti esecuzioni di massa; talvolta persone ancora vive, dopo essere scampate ai mitra, venivano trascinate nel baratro dai corpi dei morti ai quali erano legati con filo di ferro. Si è taciuto sull'immane esodo di 350.000 italiani costretti a scappare dalle proprie case, dalla propria cultura, dalla propria terra e dalla propria storia dopo che, nel 1947, Fiume, l'Istria e la Dalmazia furono cedute alla Jugoslavia. In mezzo secolo pochi coraggiosi hanno osato andare controcorrente cercando documenti, testimonianze e prove di quello sterminio dimenticato.
I sopravvissuti ed i parenti delle vittime aspettano ancora giustizia. La stessa Italia attende ancora che sia scritto questo capitolo della sua storia; la pulizia etnica subita dalla comunità italiana è un fatto vergognoso, ma ancora più vergognosa è la viltà e la malafede con cui alcuni storici ed alcuni uomini politici hanno tentato di offuscare la memoria storica di quanto successo cinquant'anni fa. Ancora oggi la comunità italiana di quelle terre subisce continue discriminazioni nella totale indifferenza del governo italiano che garantisce più diritti a croati e sloveni in Italia di quanti non ne pretenda da Slovenia e Croazia nei confronti della minoranza italiana.
Questa conferenza si è tenuta a Tor Vergata dopo una grand'opera di sensibilizzazione fatta agli studenti attraverso rassegne stampa, volantinaggi e raccolte di firme. Ebbe un tale risalto tale da indurre anche la stampa a darne gran rilievo, come si può notare dall'articolo seguente, pubblicato da "Il Tempo" nella sesta pagina della cronaca nazionale dell'11 marzo 1998.
Riportiamo, ora, alcuni tratti del suddetto articolo che reputiamo possano essere, anche, spunti per una riflessione sull'immane eccidio di ventimila italiani nelle fosse carsiche.
"Nei confronti degli autori della strage deve essere usata la stessa inflessibilità riservata a Priebke" disse un anno fa (1997, N.d.R.) il deputato di AN Roberto Menia, figlio di esuli. Una frase tanto più attuale all'indomani della conferma in appello dell'ergastolo per l'ex capitano nazista e il suo "collega" Hass. Ma quello che fecero i tedeschi alle Fosse Ardeatine (Š) è solo lontanamente paragonabile all'eccidio sistematico di nostri connazionali in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. Non solo per la rozzezza e l'inumanità delle esecuzioni (un uomo fu lapidato con le stesse pietre che era stato costretto a trasportare, quindi decapitato per impossessarsi dei suoi due denti d'oro e infine la sua testa venne usata per giocare a pallone), ma per il progrom di 350.000 italiani che dovettero abbandonare per sempre la loro terra e le loro case e per le omissioni e le bugie stese come un velo gelido su tutta la vicenda. E ancora: "Fu proprio il professor Sinagra, nel giugno del '94, a far partire l'inchiesta sul massacro del PM romano Giuseppe Pititto. "Non sempre gli infoibatori sono stati slavi e non sempre comunisti - ha sottolineato il prof. Sinagra - E non sempre le vittime erano fascisti, anzi ce ne erano pochi perché la logica dell'eccidio non era quella della lotta politica. Si trattava di azioni programmate che dovevano far sparire le tracce e i ricordi di italianità in quelle regioni italianizzate." " Ed infine: " Menia ha ripercorso il dramma dell'esodo italiano, precisando che a titolo di risarcimento i Paesi dell'ex Jugoslavia hanno proposto di pagare 330 lire a metro quadro per i terreni espropriati, compresi i beni che vi sorgevano, e il governo italiano sembra intenzionato ad accettare". PER NON DIMENTICARE....
 
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BeNaMeA
view post Posted on 30/10/2004, 16:17




Ma quante furono le vittime delle foibe? Nessuno lo saprà mai! Di certo non lo sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi non hanno parlato e non parlano. D'altra parte è pensabile che in quel clima di furore omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere contabilità delle esecuzioni. Sulla base di vari elementi (escludendo Basovizza ) si calcola che gli infoibati furono alcune migliaia. Più precisamente, secondo lo studioso triestino raoul pupo, "il numero degli infoibati può essere calcolato tra i 4 mila e i 5 mila, prendendo come attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e i dati degli anglo-americani".

Alle vittime vanno aggiunti i deportati, anche questi a migliaia nei lager jugoslavi, dai quali una gran parte non conobbero ritorno. Complessivamente le vittime di quegli anni tragici, soppresse in vario modo da mano slavo-comunista, vengono indicati in 10 mila anche più. Belgrado non ha mai fatto o contestato cifre. Lo stesso tito però ammise la grande mattanza. In alto abbiamo accennato a Basovizza, ma cos'è? Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una Foiba naturale, ma il pozzo di una miniera scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l'impresa venne abbandonata. nessuno allora si curò di coprire l'imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in un grande, orrida tomba. Anche qui i deportati venivano prima catturati poi fatti salire in autocarri della morte questi, con le mani straziate dal filo spinato venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazione riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. La maggior parte delle vittime venivano prima spogliate e seviziate.

Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella foiba di basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante. Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. lo spazio volumetrico - indicato sulla stele al sacrano di basovizza in 300 metri cubi - conterebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime! una cifra agghiacciante.


ELENCO DELLE FOIBE NOTE

-Foiba di Basovizza
Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una foiba naturale, ma il pozzo di una miniera scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l'impresa venne abbandonata. Nessuno allora si curò di coprire l'imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in una grande, orrida tomba.

Un documento allegato a un dossier sul comportamento delle truppe jugoslave nella Venezia Giulia durante l'invasione, dossier presentato dalla delegazione italiana alla conferenza di Parigi nel 1941, descrive la tremenda via-crucis delle vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, dopo essere state prelevate nelle case di Trieste, durante alcuni giorni di un rigido coprifuoco. Lassù arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.

-Foiba di Podubbo
Non è stato possibile, per difficoltà, il recupero. "Il Piccolo" del 5/12/1945 riferisce che coloro che si sono calati nella profondità di 190 metri, hanno individuato cinque corpi (tra cui quello di una donna completamente nuda) non identificabili a causa della decomposizione.

-Abisso di Semich
Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di Tito, nel settembre precedente, avevano precipitato nell'abisso di Semich (presso Lanischie), profondo 190 metri, un centinaio di sventurati: soldati italiani e civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati e ancor vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo. Questa è stata una delle tante foibe carsiche trovate adatte, con approvazione dei superiori, dai cosiddetti tribunali popolari, per consumare varie nefandezze. La foiba ingoiò indistintamente chiunque avesse sentimenti italiani, avesse sostenuto cariche o fosse semplicemente oggetto di sospetti e di rancori. Per giorni e giorni la gente aveva sentito urla strazianti provenire dall'abisso, le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione. Prolungava l'atroce agonia con sollievo, l'acqua stillante. Il prato conservò per mesi le impronte degli autocarri arrivati qua, grevi del loro carico umano, imbarcato senza ritorno..." (Testimonianza di Mons. Parentin - da "La Voce Giuliana" del 16/12/1980).

-Foiba di Villa Orizi
Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali recitavano il Padre Nostro, scortati da partigiani armati di mitra, essere condotte verso la voragine. Le testimonianze sono concordi nell'indicare in circa duecento i prigionieri eliminati.

-Foiba di Brestovizza
Così narra la vicenda di una infoibata il "Giornale di Trieste" in data 14/08/1947: "...gli assassini l'avevano brutalmente malmenata, spezzandole le braccia prima di scaraventarla viva nella foiba. Per tre giorni, dicono i contadini, si sono sentite le urla della misera che giaceva ferita, in preda al terrore, sul fondo della grotta..".

-Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia)
A due chilometri a nord-ovest di Gargaro, ad una curva sulla strada vi è la scorciatoia per la frazione di Bjstej. A una trentina di metri sulla destra della scorciatoia vi è una foiba. Vi furono gettate circa ottanta persone.

-Foiba di Vines
Recuperate dal Maresciallo Harzarich dal 16/10/1943 al 25/10/1943 ottantaquattro salme di cui cinquantuno riconosciute. In questa foiba, sul cui fondo scorre dell'acqua, gli assassinati dopo essere stati torturati, furono precipitati con una pietra legata con un filo di ferro alle mani. Furono poi lanciate delle bombe a mano nell'interno. Unico superstite, Giovanni Radeticchio, ha raccontato il fatto.

-Capodistria
Dichiarazioni rese da Leander Cunja, responsabile della Commissione di indagine sulle foibe del capodistriano, nominata dal Consiglio esecutivo dell’Assemblea comunale di Capodistria:

“… Nel capodistriano vi sono centosedici cavità, delle ottantuno cavità con entrata verticale abbiamo verificato che diciannove contenevano resti umani. Da dieci cavità sono stati tratti cinquantacinque corpi umani che sono stati inviati all’Istituto di medicina legale di Lubiana. Nella zona si dice che sono finiti in foiba, provenienti dalla zona di S. Servolo, circa centoventi persone di etnia italiana e slovena, tra cui il parroco di S. Servola, Placido Sansi. I civili infoibati provenivano dalla terra di S. Dorligo della Valle.

I capodistriani, infatti, venivano condotti, per essere deportati ed uccisi, nell’interno, verso Pinguente. Le foibe del capodistriano sono state usate nel dopoguerra come discariche di varie industrie, tra le quali un salumificio della zona ..”
 
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